Martedì 19 marzo (solennità di san Giuseppe, sposo della beata vergine Maria). Cristina e Claudio Cafarelli (Gruppo famiglie Regione Lombardia) commentano il passo del Vangelo secondo Matteo (Mt 1,16.18-21.24a)
Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 1,16.18-21.24a)
Giacobbe generò Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù, chiamato Cristo. Così fu generato Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. Giuseppe suo sposo, poiché era uomo giusto e non voleva accusarla pubblicamente, pensò di ripudiarla in segreto. Mentre però stava considerando queste cose, ecco, gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo; ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati». Quando si destò dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore.
Il commento di Cristina e Claudio
Potremmo partire dal fatto che Giuseppe si trova a fidarsi di uno Spirito Santo mai nominato prima (visto che sarà Gesù, da grande, a parlare per la prima volta dello Spirito Paraclito). Ma, forse, meglio di no…
Meglio limitarci a soffermarci sul fatto che Giuseppe sognò “mentre stava considerando queste cose”. Già. Quante volte, quando siamo travolti dal vortice della vita, che noi stessi ci creiamo, ci fermiamo a “considerare queste cose”? Non tendiamo piuttosto ad abbassare ancora di più lo sguardo e a chiuderci nelle nostre difficoltà?
È solo fermandoci ad ascoltare Dio, che gli diamo la possibilità di parlarci. E quando Dio ci parla, sa bene come farlo.
Innanzitutto, ci chiama per nome (“Giuseppe”) e ci riconsegna la nostra storia (“figlio di Davide”): non siamo qui per caso, ciascuno di noi è dentro le storia della salvezza.
Poi, accarezza il nostro cuore (“non temere”) e ci incoraggia ad accogliere l’altro (“di prendere con te Maria”) anche se ha commesso un’azione oggettivamente “opinabile” (ripetiamo: lo Spirito Santo a quei tempi non lo conosceva nessuno).
È con il “sÌ” di Giuseppe che Maria può diventare la madre di Dio.
Ed è con il “sÌ” di Giuseppe che Gesù può diventare il Figlio di Dio.
È con il “sÌ” di Giuseppe che una situazione giudicata e condannata dagli uomini (da noi) può diventare “altro”.
Anche noi siamo chiamati a quel “sÌ”.
Siamo chiamati ad accogliere quel figlio che ci è donato biologicamente e che, se accolto, potrà fare grandi cose (“salvare il suo popolo”).
Siamo chiamati ad accogliere quel figlio nato e abbandonato dall’altra parte del mondo e che, se accolto, potrà fare grandi cose (“salvare il suo popolo”).
Siamo chiamati ad accogliere quel figlio in affido per qualche tempo e che, se accolto, potrà fare grandi cose (“salvare il suo popolo”).
Siamo chiamati noi stessi a fare grandi cose, se questo significa accogliere chi ha bisogno.
E per farlo dobbiamo imparare a fare come Giuseppe: fermarci e “considerare queste cose”.
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